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Pazienza con Dio


“La fede, se è viva, ha i suoi respiri e i suoi sospiri, i suoi giorni e le sue notti”


Mi sono trovato con quella frase quando facevo esperienza di uno dei miei molti momenti di dubbi e difficultà. Quelle parole mi hanno colpito tanto! Quelle fanno parte di un libro con un titulo suggestivo chiamato Pazienza con Dio di Tomas Halik. La sofferenza, la preocupazione e anche la mancanza di fede ci sono modi concreti di vivere quelle virtù teologale elencate da Paolo: fede, speranza e carità. In altre parole, ci sono modi di essere paziente con Dio.


Penso a quelli alla sinagoga, che guardavano con stupore a quello giovane compaesano a leggere il sacro libro. Tutti erano consapevole che in quelle pagine c'erano parole di vita, di aleanza, di amore. Li c'era eternizata la memoria dell’amore di Dio, della Sua presenza. Isaia era un profetta amato da loro. Quello che era stato il portavoce di Dio nei momenti più diffícili e angosciante del popolo d’Israle. Isaia, era responsabile per fare presente, in mezzo al terribile tempo di esilio, la memoria dell’amore di Dio. Quante volte, in sinagoga, quegli hanno sentito quelle parole che adesso un’altra voce riprendeva! Ma quella voce non èra come le altre voci. C’èra qualcosa di inspiegabile che bruciava il loro cuore. E la cosa più strana è che quello chi leggeva era qualcuno che aveva cresciuto tra loro. Era quello giovane chi provocava in loro la memoria dell’amore di Dio.


Cosi, Gesù cominciava la sua vita publica: bruciando i cuori! Lui stesso era il dabbar di Dio, la parola creatrice che restituiva lo Spirito alla legge. Che metteva la carne e la vita alle osse aride di quelli che soffrivano la spera del giorno della salvezza, quelli che sopportavano il ritardo di Dio. Erano come quello popolo del primo testamento che piangeva mentre sentiva le parole della legge. Quando non si può fare niente di più per alleviare il dolore della nostra sofferenza, restaci sentire la consolazione delle parole semplice e capire quello che l’apostolo Paolo vuole dire quando afferma che quelle cose in noi che sembrano più debole sono le più necessarie. Restaci ricordare la memoria dell’amore. Restaci guardare agli occhi di quelli che si offrono a noi come portavoce dell’esperanza.


“Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”. Qualcosa era molto strana. Quelle parole non stavano scritti nel libro. Quella affermazione veniva diretamente dalla bocca del giovane Gesù. Cosi, Egli non si faceva soltanto portavoce di Dio, ma la propria presenza di Dio tra loro. Ma i suoi compaesani non avevano ancora capito che Dio era presente, che si rivelava là, in quello momento. E che quegli che sentivano era il grido giubilare di Dio: Gesù Cristo. È Lui la memoria personificata dell’amore di Dio. Ma quelli, che prima ascoltavano con gioia, ora disprezzavano. Loro hanno scelto di riprendere il pianto e cosi si sono dimenticati della memoria dell’amore.


Oggi, sì, esatamente oggi, tutti siamo invitati a guarire la nostra memoria con quello amore bruciante del giovane Gesù. Siamo chiamati a lasciare spazi alla gioia del suo annunzio. A lasciarci tocare anche di quelli sentimenti di assenza e abandono. A avere il coraggio di vivere la pazienza con Dio nel senso più profondo. Mi piace le parole di Tomas Halik, che ha vissuto la sua fede cristiana nel tempo conturbato del comunismo nella Republica Ceca. Parlando sulla speranza e la fede, cosi si esprimiva: “L’attesa di Dio non si svolge solo nell’anticamera della fede, è l’essenza della stessa fede”.


In questo senso, non ostante le nostre notte, non ostante le nostre lacrime, non ostante i nostri fallimenti noi siamo chiamati a vivere l’attesa di Dio. Dove si sente l’assenza, la notte, l’oscurità, là la fede rimane viva. Là c’è pazienzia con Dio. “Perché la gioia del Signore è la nostra forza!”


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